mercoledì 12 gennaio 2011

L'intervista sul Piccolo

«Vescovini ha ragione, dobbiamo svegliarci»

12 gennaio 2011 — pagina 07 sezione: Gorizia

di ROBERTO COVAZ
Bono e Vescovini da una parte, Confindustria e Camera di commercio di Gorizia dall’altra. La sfida, impari in partenza, è cominciata. E dagli spalti Fasola incita alla secessione da Gorizia. È il caso di mettere il pallone al centro in questo dibattito dai toni aspri ma dai contenuti essenziali per pensare al futuro della nostra provincia. Ci prova Giorgio Brandolin, consigliere regionale Pd ed ex presidente della Provincia, quella Provincia dell’unità e dei servizi plasmata in due mandati e che ora sembra sbriciolarsi. Il tutto nel silenzio assordante della politica goriziana e del Pd, cui Vescovini appartiene, tutto teso a cercare un improbabile equilibrio ad uso interno che ricorda concetti impalpabili da prima repubblica come le convergenze parallele. Altro che starsene zitti, bisogna discutere, capirsi, scontrarsi semmai; purché si venga a capo di un progetto-Provincia.
Brandolin, perché Gorizia tace?
«La politica goriziana tende a chiudersi attorno al suo castello e non vuole vedere ciò che accade a monte e a valle dell’Isonzo. Meno male che c’è Romoli».Ha detto proprio Romoli?«Sì, lui è il vero presidente della Provincia. È lui che conta in Regione, lui che parla con Tondo, lui che interviene sul superporto, lui che decide le linee sulla sanità. Peccato non sappia essere più coinvolgente; dà l’impressione di seguire solo gli interessi più vantaggiosi per Gorizia».
Da cui vuole scappare Fasola...
«Fasola è preparato e intelligente ma ha il difetto di origine di essere visceralmente anti-goriziano. Non credo che il Monfalconese avrebbe vantaggi sotto Trieste. Anzi. Dobbiamo ridiventare più autorevoli e stare alla larga dai soliti potentati che mirano ai nostri porto, aeroporto, eccetera».
Pare di leggere una critica a Vescovini che boccia senza mezzi termini la politica isontina?
«Niente affatto. Il mio amico Di Bert, presidente degli industriali di Gorizia, già un anno fa ammise pubblicamente che Assoindustria isontina doveva collegarsi a quella di Trieste. Vescovini, come Marchionne e Bono, ci sta dicendo che il mondo è cambiato. Serve un nuovo approccio alle relazioni sindacali. Dobbiamo cambiare tutti, politici, industriali, sindacalisti. Purtroppo il pesce puzza dalla testa; in questi anni Berlusconi ha bellamente ignorato la necessità delle riforme pensando solo a risolvere i suoi guai».
Ha qualche suggerimento?
«Quando diventai presidente della Provincia nel 1997 l’Isontino era in crisi. Creammo, soprattutto grazie a pensatori del calibro Enzo Bevilacqua e Lorenzo Papais, un tavolo di confronto con tutte le categorie coinvolte. Così nacque una giunta in cui c’era un vicepresidente sindacalista, Vittorio Brancati, e un imprenditore, Luciano Migliorini. Una giunta che era il punto di sintesi delle istanze del territorio. Penso si debba tornare al confronto senza pregiudiziali. Si parla di crisi del lavoro e si pensa agli operai. Giusto, ma non sono mica loro le sole vittime. Pensiamo agli artigiani, ai laureati disoccupati, all’esercito delle partite Iva. Dobbiamo saper dialogare in un modo, nuovo, con Fincantieri e in un altro modo, sempre nuovo, con l’azienda di dieci dipendenti. È finita la stagione di certe rivendicazioni».
Ci vorrebbe una Provincia più forte e forse serviva un dibattito più approfondito sulla candidatura del presidente Pd?
«In cinque anni nessuno all’interno della maggioranza che sostiene Gherghetta l’ha pubblicamente criticato. Dunque, giusto evitare le primarie e ricandidarlo. Deciderà la gente».
Si stanno sfarinando le peculiarità della nostra provincia, pensiamo ai servizi tanto faticosamente accorpati sotto la sua presidenza.
«È vero, allora bisogna guardare altrove. Penso alla collaborazione transfrontaliera nel maggior numero possibile di settori, penso all’opportunità di saper accettare e sfruttare le infrastrutture che interesseranno l’Isontino. Ma per ottenere questi risultati abbiamo bisogno, ripeto, di autorevolezza in chi rappresenta le istituzioni. Oggi, a parte Romoli, non c’è».
Cartina di tornasole sulla salute dell’Isontino è la sanità. Sull’Area vasta con Trieste è possibile invertire la rotta?
«No, la partita è ormai persa».

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